Lo strappo

 

 

 

           … perché ciò che appare è quasi sempre falso e ingannatore…

 

Non era più un sorriso,
solo uno strappo in faccia
e quando me ne accorsi,
quel che del giorno intatto
ancora rimaneva,
scuriva già dissolto
in piccoli bocconi
di pane nero e fiele.

 
© Pietro Sassi 
 

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Poi

 
 
 
 
 
Poi
 

Diafane vite d’aria
galleggiano sospese
su liquidi riflessi,
si frangono ferite
in dissanguati sprazzi,
precipitate sciolgono
muti angoli oscuri
in vitree pozze cieche.

Sera estiva che esplode
nel tuo colmo prodigio,
le purpuree vertigini
delle labbra e dei seni,
terra ebbra di bosco
calda d’aromi accesi;
poi ancora giorni uguali
a chiedere ragione
del tempo e dell’assenza.

Non danno nessun frutto
radici avvelenate
da ogni amore perso,
nelle secche distese
di pena raggrumata
in grigie zolle avare.

E se talvolta appare
in lontananze incerte
l’improvviso scalpore
di un segno iridescente,
immagina che sia
lieve e fragile pegno
strappato a questa notte.
 
© Pietro Sassi
 
 
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Princesa – Fabrizio De André

 

 

PRINCESA

Sono la pecora sono la vacca
che agli animali si vuol giocare
sono la femmina camicia aperta
piccole tette da succhiare

Sotto le ciglia di questi alberi
nel chiaroscuro dove son nato
che l’orizzonte prima del cielo
era lo sguardo di mia madre

"Che Fernandino è come una figlia
mi porta a letto caffè e tapioca
e a ricordargli che è nato maschio
sarà l’istinto sarà la vita"

E io davanti allo specchio grande
mi paro gli occhi con le dita
a immaginarmi tra le gambe
una minuscola fica

Nel dormiveglia della corriera
lascio l’infanzia contadina
corro all’incanto dei desideri
vado a correggere la fortuna

Nella cucina della pensione
mescolo i sogni con gli ormoni
ad albeggiare sarà magia
saranno semi miracolosi

Perché Fernanda è proprio una figlia
come una figlia vuol far l’amore
ma Fernandino resiste e vomita
e si contorce dal dolore

E allora il bisturi per seni e fianchi
una vertigine di anestesia
finché il mio corpo mi rassomigli
sui lungomare di Bahia

Sorriso tenero di verdefoglia
dai suoi capelli sfilo le dita
quando le macchine puntano i fari
sul palcoscenico della mia vita

Dove tra ingorghi di desideri
alle mie natiche un maschio s’appende
nella mia carne tra le mie labbra
un uomo scivola l’altro s’arrende

Che Fernandino mi è morto un grembo
Fernanda è una bambola di seta
sono le braci di un’unica stella
che squilla di luce e di nome Princesa

A un avvocato di Milano
ora Princesa regala il cuore
e un passeggiare recidivo
nella penombra di un balcone

o matu (la campagna)
o céu (il cielo)
a senda (il sentiero)
a escola (la scuola)
a igreja (la chiesa)
a desonra (la vergogna)
a saia (la gonna)
o esmalte (lo smalto)
o espelho (lo specchio)
o baton (il rossetto)
o medo (la paura)
a rua (la strada)
a bombadeira (la modellatrice)
a vertigem (la vertigine)
o encanto (l’incantesimo)
a magia (la magia)
os carroc (le macchine)
a policia (la polizia)
a canseira (la stanchezza)
o brio (la dignità)
o noivo (il fidanzato)
o capanga (lo sgherro)
o fidalgo (il gransignore)
o porcalhao (lo sporcaccione)
o azar (la sfortuna)
a bebedeira (la sbronza)
as pancadas (le botte)
os carinhos (le carezze)
a falta (il fallimento)
o nojo (lo schifo)
a formusura (la bellezza)
viver (vivere)

Dall’album  "Anime salve".

Nota:
"Princesa" è liberamente tratta dall’omonimo
romanzo-intervista di Maurizio Jannelli
e Fernanda Farias

Testo: F. De Andrè – I. Fossati
Anno di pubblicazione: 1996

 

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Francesco Guccini – Canzone dei dodici mesi (live 1982)

 
 
 
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Ascolta

 

Ed è quell’ala nera
che t’insegue e poi scende
a riempire di notte
ogni tuo passo incerto.

Ascolta, già si sente,
ora credo che il mare
porterà il suo respiro,
spezzerà con le voci
questo silenzio amaro;
le voci mai perdute
come una dolce brezza
sfioreranno il tuo viso.


Ascolta, sta arrivando,
ora credo che il mare
porterà il suo respiro.

                                
© Pietro Sassi
                                 
                             
  
Forse nulla finisce davvero…

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Vestito d’ombra

 
 
Nessuno vi ha parlato,
ma forse lo sapete,
sono arrivate voci
che confuse dicevano,
nessuno vi ha parlato
di quel piccolo uomo
che il suo peso trascina
su strade sempre uguali.

 
A volte quando è chiara
la notte e sembra dolce
per ognuno che vive,
e il mormorare calmo
della riva lontana
canta parole antiche
di volti ritrovati,
sul ponte dei ricordi
poggia la sua stanchezza
e fantasie estenuate.

 
Alza la testa e guarda,
fissa i disegni strani
che quella luce bianca
forma sull’acqua scura;
e nell’ultima scena
per lui ci sarà un dio
che con braccia di vento
e preghiere di sale
il suo vestito d’ombra
inerme accoglierà.
 
 
© Pietro Sassi
 
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Siamo cieli distanti

 
Siamo cieli distanti
sopra la stessa terra
di fango ed acque chiare,
siamo ormai cieli stanchi,
gli ultimi fuochi bianchi
della notte.
 
 
© Pietro Sassi
 
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Passaggio


 

 
 
 
Passaggio


                                  "
È il momento d’andare”,                                 
non taceva la voce,
come suono attutito
di fragori sospesi.

 
E l’ultimo disegno
sopra i vetri appannati
a comporre le tracce
del turbine impazzito;
pesava sulle cose
un silenzio irreale,
l’ottusa pace bianca
a celare il segreto.
 
Mostruosa meraviglia,
disvelato terrore,
avrebbe fatto a pezzi
l’inutile sequenza
il grido liberato.
 
“Ora è tempo d’andare."
Sentire oltre l’abbaglio
che finiva l’inganno
e un altro ne nasceva.
 

© Pietro Sassi

 
 

Ora so,
ora starò più attento…
ma non servirà a niente.

 

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E poi nulla di te

 
 
E poi nulla di te,
come di cieli aperti
sanno i miei sguardi bassi,
eppure tu ci sei
oltre il freddo dei ferri,
oltre impronte sfocate
di un immobile scatto;

eppure sopra di me
continuano a girare,
lentamente a ruotare
implacabili spazi
di silente purezza.
 
 
© Pietro Sassi 
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Era cuore di cane

                                    

 
Dammi il tuo cuore,
lo farò a brandelli,
lo darò a quei cani,
laggiù in fondo alla valle,
che hanno fame di te
e della tua carne.

Prendi il mio cuore,
fanne ciò che vuoi,
è stanco e batte appena
i secondi mancanti
alla sua ora,
e solo questo vuole.

Hanno mangiato il cuore
e il tuo è ancor vivo
nel petto che non teme
nessun colpo.
Era cuore di cane:
non ha pietà la fame.


© Pietro Sassi 
 

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